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SUCCESSIONE-ARTICOLO

 

Alla morte di una persona cara spesso siamo costretti a fare i conti con il dolore e il vuoto emotivo ma talvolta non è l’unica realtà da affrontare; il de cuius spesso e volentieri lascia una situazione patrimoniale irrisolta e le questioni familiari appaiono tutt’altro che facili da gestire.

Per chiarezza espositiva ricordiamo che ci sono due modi per trasferire il patrimonio dopo la nostra morte: per testamento (successione testamentaria) e successione per legge (successione legittima) a questi si aggiunge la successione necessaria, per quest’ultima  ricordiamo che, il nostro ordinamento giuridico volge particolare attenzione a determinate categorie di congiunti del defunto, (eredi legittimari) mi riferisco al coniuge, ai figli e agli ascendenti (padre, madre o nonni) se ancora in vita, necessaria, appunto, in quanto queste categorie di soggetti non possono essere privati dall’eredità, hanno infatti diritto ad una quota minima.

Se il soggetto non ha redatto testamento in vita o, se redatto, è invalido o non tiene conto di tutte le sostanze patrimoniali dello stesso, si apre la successione legittima, cioè la devoluzione del patrimonio avverrà secondo i criteri e le quote stabilite dalla legge, alle persone indicate dal Codice Civile.

Una volta aperta la successione, concorrono all’asse ereditario i parenti fino al sesto grado. Nell’ipotesi di assenza di parenti entro il sesto grado il patrimonio ereditario verrà devoluto allo Stato.

Giungiamo ora a dei casi particolari: cosa succede alla società di famiglia, precisamente una s.n.c. di entrambi coniugi se uno dei due muore? Il nostro Codice Civile prevede lo scioglimento della stessa qualora nel termine di sei mesi non venga ricostituita la pluralità dei soci. Astrattamente parlando il coniuge superstite si ritroverà dinnanzi a delle scelte: ricostituire la società, continuare l’attività come ditta individuale (chiaramente adempiendo alle prescrizioni fiscali ed amministrative richieste per la trasformazione) o optare per lo scioglimento della stessa e al termine del periodo di liquidazione far rientrare la quota del de cuius nell’asse ereditario.

Attenzione: il subentro degli eredi del socio defunto all’interno della s.n.c. non è automatico, infatti salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, vige la regola della non trasmissibilità delle quote sociali agli eredi del socio deceduto. 

Generalmente se si ha intenzione di proseguire l’attività della s.n.c. mediante gli eredi si tende ad inserire nell’atto costitutivo della società la clausola di continuazione. Se non è stata prevista una clausola in tal senso è comunque possibile mediante atto tra vivi determinare l’ingresso degli eredi nella società.

E se i coniugi hanno un conto in banca cointestato come procedere?  Se ci troviamo dinnanzi a un conto con firma disgiunta certamente la situazione è più semplice da gestire: teoricamente difatti la banca può congelare soltanto la somma riconducibile al defunto e aprire su di essa la successione ereditaria, lasciando agli altri titolari rimasti in vita la possibilità di disporre della propria quota secondo i loro desideri.

Cito a questo riguardo un importante orientamento della Corte di Cassazione risalente al Marzo 2021 in base al quale il cointestatario di un conto corrente a firma disgiunta può prelevare anche l’intera giacenza in caso di morte dell’altro titolare, in quanto si viene a creare una situazione di cosiddetta “solidarietà attiva” però l’adempimento dell’intero saldo, libera la banca verso gli eredi dell’altro contitolare, che non possono rivalersi nei confronti dell’istituto di credito in alcun modo, il cointestatario che preleva l’intera somma è comunque tenuto a restituirne metà agli altri eredi. Nel caso in cui questo non lo faccia, però, come si è detto gli eredi possono agire soltanto nei confronti del cointestatario e non della banca.

Avvocato Raffaella Alcaro

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