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PARTO ANONIMO: INGIUSTIFICATO A CONOSCERE I DATI SANITARI DELLA GENITRICE PER RAGIONI DI SALUTE

 

Il parto in anonimo è un argomento che spesso divide. Non è certamente facile bilanciare i due diritti fondamentali in gioco: il diritto dell’adottato all’accesso alle proprie origini e il contrapposto diritto della madre naturale a mantenere l’anonimato esercitato al momento del parto.

L’art 28 l. n. 184 del 1983 consente all’adottato di accedere, seppur in presenza di specifiche condizioni, alle informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei genitori biologici.

Solo nel   2013 la Corte Costituzionale si pronunciava dichiarando incostituzionale il suddetto articolo nella parte in cui non prevedeva la possibilità per il giudice, su istanza del figlio, di interpellare la madre che aveva chiesto l’anonimato per confermare tale volontà poiché in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost.

Nel solco tracciato dalla Corte Costituzionale e in seguito alle critiche mosse all’Italia dalla Corte di Strasburgo, il legislatore nazionale ha previsto l’interpello della madre biologica; un passaggio che, almeno finché il genitore è ancora in vita, resta obbligato.

La Cassazione nel luglio del 2021 ritorna a parlare di parto in anonimo (2249/2021) e accoglie il ricorso di una signora ormai ultracinquantenne, la quale rivendicava il suo diritto di accesso alle origini. La ricorrente chiedeva ai giudici di procedere all’interpello della madre biologica per verificare un eventuale ripensamento oltre a chiedere di poter prendere visione delle informazioni sanitarie relative al genitore naturale e alle anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento alle malattie ereditarie trasmissibili.

La Corte d’Appello aveva negato entrambe le possibilità in quanto la madre novantenne soffriva di un deterioramento cognitivo ed era affetta da depressione bipolare e non aveva manifestato nel corso degli anni la volontà di ricercare la figlia.  La Corte di Cassazione ha ritenuto invece legittima   la richiesta di accesso alle informazioni sanitarie sulla salute della madre per la tutela della vita o della salute del figlio o di un suo discendente, pur mantenendo l’anonimato del genitore.

La Cassazione dichiara: “pur non essendo possibile una consultazione indiscriminata del certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica, non poteva essere negato un diritto di accesso sulla base di un quesito specifico, non esplorativo, relativo a specifici dati sanitari e con l’osservanza di tutte le cautele necessarie a garantire la massima riservatezza e quindi la non identificabilità della madre biologica”.

Avvocato Raffaella Alcaro

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