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ADOZIONE MITE

Nell’arco del 2021 abbiamo spesso sentito parlare di adozione mite, la Cassazione ha dato il via: è possibile ricorrervi anche in Italia.

Ma quanto ne sappiamo di adozione mite? Cerchiamo di fare chiarezza nelle righe che seguono. Quest’ultima, definita anche adozione aperta, differisce dall’adozione piena per presupposti ed effetti.

Il nuovo istituto permette di creare un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, (Cass. Sez. Unite n. 8847 13 maggio 2020) tuttavia il nuovo legame non sostituisce e non estingue in via definitiva il rapporto del minore con la famiglia di origine. Dal punto di vista strettamente giuridico assistiamo al passaggio della responsabilità genitoriale in capo ai genitori adottivi, essi andranno a sostituirsi, se pur per un tempo delimitato e circoscritto, ai genitori biologici, essendo questi incapaci di allevare e curare il figlio. Ricordiamo che, stando all’attuale quadro normativo e giurisprudenziale, il legislatore ricorrere al rimedio dell’adozione in extrema ratio; le autorità statali dovrebbero infatti cercare modi e misure concrete per permettere al minore di vivere con i genitori biologici e, solo dopo averne accertato l’impossibilità, affidare il minore ad una nuova famiglia, preservando però sempre il legame tra genitori di sangue e minore. Premesso ciò riportiamo l’importante principio di diritto espresso dalla Cassazione con pronuncia n. 35840/2021.

Procedendo per gradi: il caso di specie vede protagonisti una coppia di coniugi (di seguito genitori biologici), i quali ricorrevano presso la Corte d’Appello di Venezia avverso il provvedimento di adottabilità disposto dal Tribunale dei Minori di Venezia.

Quest’ultimo disponeva l’adozione dei tre figli della coppia, rispettivamente di tredici, sette e cinque anni di età.  Il Giudice di secondo grado respingeva il ricorso dei genitori. La Corte territoriale a fondamento della decisione dichiarava che l’adozione mite, così come consigliata dal CTU in sede peritale, "è istituto che non è previsto dalla legislazione vigente, trattandosi di una forma intermedia tra adozione ordinaria e affidamento familiare, che crea uno stabile rapporto con il minore senza recidere i rapporti con la famiglia di origine".

I genitori biologici ricorrendo in sede di legittimità lamentavano l’omissione da parte del Giudice di seconde cure di un fatto decisivo per il giudizio e cioè, non aver tenuto conto della possibilità di ricorrere all’istituto in questione nonostante le chiare risultanze della CTU in tal senso, veniva inoltre rilevata la violazione dell’art. 24 della Carta di Nizza art. 8 per avere la Corte di Appello confermato la dichiarazione di adottabilità  omettendo ogni valutazione del pregiudizio derivante ai minorenni dalla interruzione dei rapporti con la famiglia.

La Suprema Corte accoglieva i motivi di ricorso e affermava chiaramente che la pronuncia in sede di Appello contrastava con la Giurisprudenza della Corte di legittimità in tal senso.  In particolare, la Corte ha chiarito che: “questa forma di adozione trova il suo fondamento nella L. n. 184 del 1983, articolo 44, lettera d), ("adozione in casi particolari" - "i minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui dell'articolo 7, comma 1:... quando vi sia la constata impossibilità di affidamento preadottivo"), che è da intendere come "clausola di chiusura del sistema". 

Volendo ampliare il discorso riportiamo altresì la pronuncia n. 1476 Cass Civile  del 25 gennaio 2021, in quest’ultima chiaramente emerge: “come la pluralità di modelli di adozione presenti nel nostro ordinamento imponga - in armonia con le affermazioni di principio della Corte Europea e con le previsioni di diritto interno che prevedono il diritto prioritario del minore a essere cresciuto e allevato nella sua famiglia di origine - di valutare, caso per caso e quindi tenendo conto delle peculiarità delle singole fattispecie concrete, il ricorso al modello di adozione che non recida in toto i rapporti del minore con la famiglia di origine".  

A conclusione ricordiamo l’importanza di disporre, in casi analoghi a quello sottoposto alla nostra attenzione, l’ascolto del minore di anni dodici o di età inferiore ove capace di discernimento a pena di nullità della pronuncia. (Cass. Civ. 11 giugno 2021 n. 16569).

Avvocato Raffaella Alcaro

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